giovedì 11 luglio 2013

pagina chiusa per ferie !!

la mia pagina e piena di lettori ma non commentano mettono mi piace ecc.....
quindi ho deciso che forse chiudo questo blog
pero molto probabilmente creerò una pagina web
ed una comunity dove tutti possiamo discutere e aumentare con piu persone la nostra comunity
ci pensero verso settembre e ve lo faro sapere
in tanto
mettete mi piace alla mia pagina facebook
https://www.facebook.com/ScarpeNba?ref=hl

e seguitemi su twitter
https://twitter.com/scarpenba

google+
https://plus.google.com/u/0/117932690041125973153/posts

per restare sempre aggiornati vi saluto per ora ma vi aspetto sui social
ciao a tutti da riccardo

mercoledì 12 giugno 2013

A Chauncey Billups il premio di compagno di squadra ideale

A Chauncey Billups il premio di compagno di squadra ideale

billupsPer gli anelli di campione ci vuole ancora qualche giorno di pazienza. Ma nel frattempo l’NBA ha assegnato un altro riconoscimento di grande valore. Anzi, dal valore doppio, considerato che è una novità assoluta. Si tratta del premio “Compagno di squadra dell’anno”, dedicato alla memoria diJack Twyman e Maurice Stokes, e assegato a Chauncey Billups dei Los Angeles Clippers.
Un riconoscimento assegnato a giocatori simbolo di sportiva e altruismo. Caratteristiche incarnate perfettamente dai due uomini che hanno ispirato questo premio, compagni di squadra negli alloraCincinnati Royals (gli antenati dei Sacramento Kings) e accomunati da una tragedia accaduta nel 1958. Dopo un incidente di gioco, Stokes subì una grave lesione celebrale che lo costrinse alla paralisi e fu proprio l’amico Twyman a occuparsi di lui. Diventandone il tutore legale,  contribuendo alle spese mediche e poi organizzando vari eventi nell’NBA per raccogliere fondi. Un impegno preseguito anche dopo la morte dell’amico, nel 1970, tanto da convincere la Lega a farlo entrare nella Hall of Fame.
L’anno scorso, dopo la scomparsa anche di Twyman, David Stern ha deciso l’istituzione di questo nuovo premio. Che, come detto prima, è stato assegnato a Billups. La guardia dei Clippers, 36 anni di età e 16 di carriera, è stato votato dai suoi stessi colleghi che, l’hanno preferito a una schiera di “rivali” di prim’ordine: Jerry Stackhouse (Brooklyn Nets), Luke Walton (Cleveland Cavaliers), Andre Iguodala(Denver Nuggets), Jarrett Jack (Golden State Warriors), Roy Hibbert (Indiana Pacers), Shane Battier (Miami Heat), Roger Mason (New Orleans Hornets), Jason Kidd (New York Knicks), Serge Ibaka (Oklahoma City Thunder), Manu Ginobili (San Antonio Spurs) e Emeka Okafor (Washington Wizards).
Billups non è nuovo a premi di questa natura. Nel 2009, quando era ai Denver Nuggets, ha vinto l’NBA Sportmanship Award “Joe Dumars” per la sportività e la lealtà dimostrata sul campo. Un premio, questo ottenuto ora, che rappresenta una consolazione per lui, reduce da un brutto infortunio al tendine d’Achille che l’ha tenuto fuori per tutta l’ultima stagione e per gran parte di quella precedente.
Ma ora il peggio sembra essere passato e l’ex Pistons (a Detroit ha vinto il suo unico titolo NBA nel 2004) è tutt’altro che disposto a chiudere la sua lunga carriera. Anzi, grazie al suo ruolo di free-agent sembra pronto a lanciarsi in una nuova avventura. Niente meno che agli Heat, come ha a confessato durante la premiazione avvenuta proprio a Miami prima della Gara 2 della finale.

Jason Kidd allunga la mano ai Nets. Sarà lui il coach? Occhio all’opzione Messina

Jason Kidd allunga la mano ai Nets. Sarà lui il coach? Occhio all’opzione Messina

kidd martin netsDa Manhattan a Brooklyn. Dal campo alla panchina. Da giocatore a capo allenatore. Finita un’era, per Jason Kidd potrebbe presto iniziarne un’altra. Entusiasmante e ricca di fascino, proprio come la prima. A pochi giorni dall’annuncio del suo ritiro, il play nativo di San Francisco potrebbe diventare presto il nuovo head coach dei Nets.
È l’ultima indiscrezione che sta arrivando dal mondo NBA. Dopo aver esonerato P.J. Carlesimo, la franchigia newyorkese potrebbe scegliere proprio Kidd per iniziare una nuova era. E il volto di un giocatore simbolo della storia dei Nets (oltre 500 partite tra il 2001 e il 2008) potrebbe essere l’ideale per lanciare le ambizioni dell’oligarca russo Mikhail Prokhorov, padrone della franchigia.
Pare che la candidatura sia arrivata dallo stesso ex giocatore dei Knicks che, dopo aver chiuso in anticipo un contratto che prevedeva ancora 2 anni di impegno sul campo, ha subito manifestato l’idea di entrare nel  mondo degli allenatori. Dalla porta principale, senza passare per l’anticamera di un ruolo di assistente.
Una parentesi di 19 anni a grande livelli, tra l’altro in un ruolo chiave come quello del regista, potrebbe costituire un importante biglietto da visita. Soprattutto se, come dicono fonti vicino ai Nets, il play si attornierà nello staff di altre ex stelle NBA. In settimana, quando è previsto un incontro con il general manager Billy King, se ne saprà di più.
Sicuramente il nome di Jason Kidd non è l’unico nell’elenco dei possibili candidati. Da tempo si parla diBrian Shaw, ora assistente agli Indiana Pacers. Ma anche di un altro nome che riguarda molto da vicino l’Italia: Ettore Messina.
Notizia di questi giorni è che l’ex commissario tecnico della Nazionale azzurra potrebbe entrare nella storia, diventando il 1° allenatore straniero a guidare una squadra NBA. Dopo la parentesi di assistente di Larry Brown ai Los Angeles Lakers. A sponsorizzare il suo ex coach ci ha pensato niente meno che Manu Ginobili. «Potrebbe essere un ottimo head coach, ha grande esperienza e capacità, è uno intelligente e veloce di testa. L’ho visto prendere decisioni importanti in un attimo».

sabato 8 giugno 2013

Nowitzki vuole Paul e Howard

Nowitzki vuole Paul e Howard

Novitzki Cuban DallasNon è un mistero che al centro del mercato estivo ci saranno i due free agent più ambiti: Chris Paul eDwight Howard. Nei desideri praticamente di chiunque possa permetterseli, i due giocatori che hanno vestito le maglie delle due squadre di Los Angeles nella stagione 2012/13, sono al primo posto nei sogni di Dirk Nowitzki, deciso a far tornare i Mavericks ai livelli di due anni fa, dopo un’annata che non li ha visti qualificati ai playoff, malgrado un’entusiasmante finale di stagione regolare.
Il tedesco si è detto ansioso per la data del 1 luglio, giorno nel quale le squadre NBA possono iniziare i colloqui con i free agente. «Il primo obiettivo sono i “due mostri”», ha detto Nowitzki in un’intervista a un programma radiofonico, «se non riuscissimo a prenderli subito dovremmo tentare un’altra strada con i sign and trade oppure con altri free agent».
«È tempo di salire di livello e tornare ai playoff, già dalla prossima stagione. Sinceramente non saprei scegliere uno dei due, sono entrambi dei giocatori dominanti nel loro ruolo. Howard ha dimostrato, anche in questa stagione piena di infortuni, che quando sta bene è il migliore nel suo ruolo e Paul è un vincente, uno che ti cambia la squadra offensivamente ed è in grado di segnare come pochi».
Come monte ingaggi i Mavericks non sono messi benissimo, quindi come prima cosa dovrebbero alleggerire la rosa, ma molti giocatori, compreso Nowitzki, sono all’ultimo anno di contratto

Miami stecca ancora la prima. Parker trascina gli Spurs al colpaccio

Miami stecca ancora la prima. Parker trascina gli Spurs al colpaccio

parker miami 1A Miami comincia ad aleggiare la “sindrome da Gara 1”. Per la 3ª volta in questi playoff, gli Heat steccano la prima in casa e sono costretti a rincorrere. Ma questa volta il ko rischia di essere più grave, arrivato controSan Antonio all’esordio nelle finali. GliSpurs hanno espugnato l’AmericanAirlines Arena vincendo 92-88.
Una vittoria, quella dei texani, maturata soprattutto nell’ultimo quarto. Quando si sono fatte sentire tutte le 7 partite giocate dagli Heat contro Indiana. Ed è uscita la maggior freschezza degli Spurs, reduci dal facile 4-0 contro Memphis.
In Gara 1 prevale quindi l’esperienza dei Big Three di San Antonio, capaci di trascinare un rooster in cui 11 elementi su 15 sono all’esordio nelle finali. Tim Duncan inizia al meglio l’ennesima finale, conquistata in ben 3 decadi diverse. Per lui 21 punti, 14 rimbalzi, 4 assist e 3 stoppate. Ma l’uomo del match diventa Tony Parker che mette 10 dei suoi 21 punti nel 4° quarto, tra cui il tiro che di fatto chiude i giochi: un’invenzione a 5.2 secondi dopo una strenua difesa degli Heat.
Ma punti pesanti sono arrivati anche da Manu Ginobili (13), Danny Green (12 più 5 rimbalzi), ma soprattutto da Kawhi Leonard che chiude con 10 punti e 10 rimbalzi, limitando anche LeBron James in difesa.
Un LeBron che ha comunque provato in tutti i modi a mettere la sua firma. Ma non è bastata neppure una tripla doppia da 18 punti, 18 rimbalzi e 10 assist. La 10ª nei playoff, la 3ª in una finale, la 2ª consecutiva dopo quella di Gara 5 di un anno fa contro Oklahoma City. Solo Magic Johnson ha saputo fare meglio con 8. Ma ancora una volta l’apporto del King non è stato pari da parte dei compagni.Dwyane Wade ne ha messi 17, Chris Bosh e Ray Allen 13.
Per Gara 2, in programma domenica (ancora a Miami), per gli Heat ci vorrà molto di più. Rimontare uno 0-1 è un’impresa tutt’altro che impossibile per la squadra di Coach Erik Spoelstra, che in questi playoff ci sono già riusciti in semifinale contro i Chicago Bulls (4-1) e in finale della Eastern Conference contro gliIndiana Pacers (4-3). Ma soprattutto un anno fa nella finale contro i Thunder, chiusa 4-1 dopo un 1° ko.
Un’impresa, quella di ribaltare un 0-1 in finale, riuscita anche 12 mesi prima a Dallas (proprio a discapito degli Heat). Ma in generale successo solo 19 volte su 61 nelle serie che mettevano in palio l’anello.
La 2ª partita assume quindi un valore fondamentale, soprattutto se si pensa che le 3 successive partite saranno a San Antonio. Miami non perde 2 match di fila da gennaio e più che mai questa volta sa di non poter fallire. Benché conscia del valore dell’avversaria. In particolare la sua esperienza nel gestire queste situazioni. Sul campo, ma anche in panchina. Gregg Popovich ha un bilancio di 20 vittorie e 3 sconfitte in serie in cui ha prevalso in Gara 1.
Insomma, LeBron e soci avranno da lottare anche contro la tradizione e la cabala.

Bargnani: «Non penso al futuro, solo a star bene»

Bargnani: «Non penso al futuro, solo a star bene»

andrea bargnani raptorsA Toronto continua a tirare il vento della rivoluzione. L’arrivo come general manager di Masai Ujiri è stato solo il primo di una serie di cambiamenti che riguarderanno i Raptors del futuro. Tra i temi in discussione c’è anche la permanenza o meno nel roster canadese di Andrea Bargnani.
Incassato l’apprezzamento dello stesso Ujiri, il Mago per ora non vuole pensare troppo al futuro. Anche perché ancora legato da un anno di contratto. Tornato in Italia, dove a breve inizierà la preparazione degli Europei con la Nazionale azzurra, Bargnani ha fatto il punto della situazione in un’intervista rilasciata alla Gazzetta dello Sport. Una chiacchierata in cui ha parlato dei problemi che hanno condizionato l’ultima pessima stagione, del suo rapporto con Toronto, ma anche di Nazionale.
Facile trovare il leit motiv dell’ultimo campionato. «A causa dei problemi al gomito ho potuto giocare solo 30 partite su 90. E se uno è fuori e non può giocare, certamente non può fare molto. Diventa difficile avere un rendimento accettabile se non si riesce mai a trovare il ritmo giusto. Per questo le critiche che ho ricevuto lasciano il tempo che trovano».
Critiche ingenerose e che, insieme a tanti rumors di un futuro lontano dal Canada, hanno finito per minare la tranquillità del Mago. «Le voci influenzano, specie se sono tante, sarebbe ipocrita dire il contrario. Ma tanto cambia poco, non vale la pena distruggersi mentalmente perché non sono io a dover decidere. Io devo pensare solo a star bene, ad allenarmi al massimo e dare tutto sul campo. Le notizie di casa Raptors? Ovvio che sono interessato a ogni particolare che riguarda i movimenti della franchigia. Toronto è una città fantastica e l’organizzazione nel club è ottima. Del futuro non voglio parlare, ma attendo con fiducia buone notizie».
Mentre dall’altra parte dell’oceano sta per partire la finale tra Miami e San Antonio, a Bargnani non resta che fare da spettatore e pensare a tornare ai suoi livelli. «I playoff? Ormai anche i ricordi rischiano di affievolirsi, mi manca tanto l’atmosfera che si respira in queste partite, non solo negli Stati Uniti. L’altro giorno era a Roma a vedere la partita della Virtus e le sensazioni non sono tanto diverse. I miei obiettivi? Voglio continuare a crescere come ho sempre fatto. Ho iniziato dalla C2 per arrivare ad avere una media di 20 punti nell’NBA. Ora ho solo voglia di giocare, mi manca tanto l’agonismo e conto di ritrovarlo in Nazionale. All’Europeo proveremo a giocarci le nostre chance, sapendo di avere una squadra di grande talento, ma per far bene non basta questo, bisogna essere soprattutto una squadra».

Cambiamenti in vista per i Raptors, a cominciare dal nome?

Cambiamenti in vista per i Raptors, a cominciare dal nome?

derozan bargnani calderon raptorsA Toronto si è pronti per affrontare quella che si ama definire la stagione della rinascita. Rilegati da troppi anni nel ruolo di squadra materasso iRaptors ora vogliono tornare quantomeno a giocarsi un turno di playoff e Tim Leiweke, il nuovo presidente del Maple Leaf Sports and Entertainment, e Masai Ujiri, nuovo General Manager, hanno incontrato i giornalisti per spiegare quali fossero le loro strategie.
In cima alla lista delle cose da fare c’è la scelta dell’allenatore. Ujiri, primo GM nato in Africa, spiega così la situazione di Dwane Casey: «Per me ha fatto un gran lavoro. Dobbiamo sederci a tavolino e studiare una strategia per quanto riguarda la rosa. Lui farà le sue valutazioni e io farò le mie, ma al momento non vedo alcuna ragione per la quale non possa essere lui l’allenatore anche per la prossima stagione».
«Dobbiamo continuare a puntare sui giovani», ha continuato Ujiri, «e in questo io e l’allenatore dobbiamo essere in pieno accordo. Le mie esperienze nello scouting saranno utili alla società in questo senso». Buone parole anche nei confronti di Andrea Bargnani: «Ha grandi doti ed è ancora giovane. So che i numeri non sono molto confortanti, ma per me le sue qualità sono fuori dubbio. Un lungo tiratore è ciò che ogni allenatore vorrebbe in squadra. Analizzeremo la sua situazione partendo da queste considerazioni».
Leiweke, che si occuperà di questione lontane dal campo, ipotizza una riflessione anche riguardo al nome: «Non sono sicuro che cambieremo il nome alla franchigia, ma è qualcosa di cui dobbiamo discutere. Sicuramente ci saranno dei cambiamenti nelle uniformi».